Tania felt a knot in her chest. An almost faint feeling, a deep sadness and an immense sorrow. She had been mistreated again. From a person who used her and then attacked her, and that’s because she had not been there to be used. Tania knew she wasn’t wrong. And that it was that person who had to apologize to her. Not the other way around. And yet she felt guilty. And she knew it wasn’t right for her to feel guilty. She knew that she had been wronged. Once, again, and again. Until the last final wrong. The most incredible one. The most outrageous one. The most dangerous one. The one in front of which she had finally said: enough is enough! The one against which she rebelled by screaming. Tania knew she had done the right thing, that this time she had to defend herself. She had to protect herself from the abuse of that cold, hard, rigid person. That person who only liked herself. And who had never made a secret of using others. The ends justify the means. That was her philosophy. Tania knew all these things very well and yet she was surprised she was the only one who felt guilty, and for no reason. But Tania knew where this sense of guilt came from. Tania knew where the deep sadness and immense sorrow came from. She knew that she was reliving an old story. A story that had been lived since she was born. And that had repeated itself over the years again and again. And always by the same person. She knew that the person who had hurt her now was not that grim and hard person so interested only in herself. She knew that inside the darkest rooms of her unconscious, she was enduring an old bad movie. From which she had not yet freed herself. Tania knew all very well. But she didn’t have the courage to admit it to herself. Tania now is alone, and she’s crying. She’s suffering. The words she once shouted come back to her lips. And the confusion. And the anger. And the fear. And when she was completely immersed in the river of her pain, a glimmer of conscience lights up and brings her back to the surface. The words she just shouted in her lonely room to whom had hurt her today were identical to the ones she shouted at her mother once. That changed her mood instantly. Tania knew she could only face the dark evil she carried inside with the eyes of a bright and calm conscience. So she straightens her back and takes a deep breath and closes her eyes. She continues to breathe and dive to search inside herself. And she sees all her internal movements, all those sorrows and pains of the past, heavily influencing her present. Tania knew that she shouldn’t feel guilty about the present. She knew that she was reliving that old, old story once again. So Tania takes courage. And recovering all the calm she needs, she looks inside herself. Into that dark, agitated sea she carries inside. She observes the memories of the past, the terrible scenes. Then with those bright inner eyes of hers she looks at what happened today, on the outside. How that person treated her once again. Who tried to hurt her, to sabotage her, to humiliate her. And then once again she returned with her gaze back inside to look again at the old scenes. From where she reemerged to contemplate today’s scene once again. In and out, repeatedly, from within to without and again within..in a circular movement that doesn’t stop..And she understood how what happened today is fatally interconnected with what happens to her every day in that dark sea that she carries inside. An old film that turns and turns on itself. Always the same one. And it turns and turns and one doesn’t even realize that she’s always watching that same film. And outside, in the world, something responds to that. Something evokes the film to take place again in life. It makes it happen once and once more. And yet another time. And Tania now sees the reaction of pain, of deep sadness and immense sorrow is not the emotional response to what happened today. But to that old film that is projected all the time inside herself.
The liberation is marked. That path is there, it is real. But to travel it, Tania must be firm within herself and be able to flow from one extreme to the other of her pain , of her inner and outer reality, without being dragged by the currents of violent emotions that both that inner film and the violence of her present world provoke in her. If she wants to resolve once and for all the infernal duality that distorts her life, she must set out on the path of the middle way that leads to the Sun of clarity. That sun will dissolve everything. But for the moment, it is wise to proceed with caution. Because the emotions are still alive and she needs all her calm and patience to flow from one part of her consciousness to the other, from the inside to the outside and then back inside and so on, to observe herself without being dragged by the torrent of pain and sad emotions. And by the illusion of an experience that presents itself as new, but is not new at all.
Temperance lets things flow in and out, but it does not participate in them. It observes them with the eyes of an even-handed and luminous consciousness. Not so much as to block the flow, but simply doesn’t get involved. At the same time, however, it does not ignore it, but looks at it with luminous detachment.
Tania provava un magone nel petto. Un senso quasi di mancamento, una tristezza profonda e un dispiacere immenso. Aveva di nuovo ricevuto un maltrattamento. Da una persona che si era permessa di usarla e poi di attaccarla perché lei non c’era stata a farsi usare. Tania sapeva di non avere torti. E che era quella persona a dover presentare le sue scuse a lei. Eppure si sentiva in colpa. E sapeva che non era giusto che si sentisse in colpa. Sapeva che il torto l’aveva subito lei. Una volta, un’altra volta, e altre volte ancora. Fino all’ultimo torto finale. Quello più incredibile. Quello più oltraggioso. Quello più pericoloso. Quello di fronte al quale finalmente aveva detto: adesso basta! Quello al quale si è ribellata urlando. Tania sapeva che aveva fatto bene, che questa volta doveva difendersi. Doveva difendersi dal sopruso di quella persona fredda, dura, rigida. Quella persona a cui piaceva solo se stessa. E che non aveva mai fatto mistero di usare gli altri. I fini giustificano i mezzi. Quella era la sua filosofia. Tania sapeva molto bene tutte queste cose eppure si stupiva di essere lei l’unica a sentirsi in colpa. Una colpa che davvero non aveva. Tania sapeva da dove arrivava questo senso di colpa. Tania sapeva da dove arrivava la profonda tristezza e il dispiacere immenso. Sapeva che stava rivivendo una vecchia storia. Una storia vissuta da quando era nata. E che si era ripetuta negli anni ancora e ancora. E sempre ad opera della stessa persona. Sua madre. Tania sapeva tutto questo molto bene. Sapeva che chi l’aveva ferita adesso non era quella persona arcigna e dura e così interessata solo a sé stessa. Sapeva che dentro le stanze più ombrose del suo inconscio, lei stava rivivendo un vecchio brutto film. Da cui non si era ancora liberata. Tania sta piangendo. Soffre. Le tornano alle labbra le parole urlate un tempo. E lo smarrimento. E la rabbia. E la paura. E quando era immersa completamente dentro il fiume del suo dolore, un barlume di coscienza le si accende e la riporta a galla. Le parole che urlava a chi l’aveva ferita oggi erano identiche a quelle che urlava a sua madre un tempo. Tania sapeva che poteva affrontare l’oscuro male che si portava dentro solo con gli occhi di una coscienza luminosa e pacata. Allora Tania raddrizza la schiena. Fa un respiro profondo e chiude gli occhi. Continua a respirare e a cercare dentro di sé. E vede tutti i suoi movimenti interiori, tutti quei dispiaceri e quei dolori del passato, condizionarle pesantemente il presente. Tania sapeva che non doveva sentirsi in colpa per il presente. Sapeva che stava rivivendo ancora una volta quella vecchia, vecchia storia. Tania allora si fa forza. Punta lo sguardo dentro di sé. In quel mare oscuro agitato che si porta dentro. Osserva i ricordi del passato, le scene terribili. Poi con quei suoi occhi interiori guarda a quello che è successo oggi, all’esterno. Come l’ha trattata ancora una volta quella persona. Che ha tentato di ferirla, di sabotarla, di umiliarla. Ancora una volta, ma questa volta una volta di troppo. E ritornava poi di nuovo ancora con lo sguardo dentro. E di nuovo riguardava quelle vecchie scene. E poi riemergeva con lo sguardo e di nuovo riguardava la scena di oggi. E capiva come quello che è accaduto oggi è fatalmente interconnesso con quello che ogni giorno le accade in quel mare scuro che si porta dentro. Una vecchia pellicola che gira e rigira su se stessa. Sempre lo stesso film. Lo stesso che gira e rigira e tu non te ne rendi neanche più conto che stai sempre a guardare quello stesso film. E fuori, nel mondo, qualcosa risponde a quel film. Qualcosa rievoca quel film nella vita, nella realtà. Lo fa accadere una volta e ancora una volta di più. E ancora un’altra volta. E Tania ora sa che la reazione di dolore, di profonda tristezza e di dispiacere immenso non è la risposta emotiva a quello che è accaduto oggi. Ma a quel vecchio film che si proietta ogni volta dentro di sé. La liberazione è segnata.
Quel sentiero c’è, è reale. Ma per percorrerlo Tania deve essere salda dentro di sé e poter fluire da un estremo all’altro del suo dolore, della sua realtà interiore ed esteriore senza però farsi trascinare dalle correnti delle emozioni violente che sia quel film interiore che le violenze del suo mondo presente le provocano. Se vuole risolvere una volta per tutte questa dualità infernale che le distorce la vita, deve mettersi sulla strada del sentiero della via di mezzo che porta al Sole della chiarezza. Quel sole dissolverà tutto. Ma per il momento, è saggio procedere con cautela. Perché le emozioni sono ancora vive e ha bisogno di tutta la sua calma e la sua pazienza per fluire da una parte all’altra della sua coscienza , dall’interno all’esterno e poi di nuovo all’interno e così via, per osservarsi senza farsi trascinare dal torrente del dolore. E dall’illusione di un’esperienza che si presenta come nuova, ma che nuova non lo è affatto.
La temperanza lascia che le cose le scorrano dentro e da dentro a fuori, ma non vi partecipa. Le osserva con gli occhi di una coscienza equanime e luminosa. Non tante di bloccare il flusso, ma semplicemente non se ne fa coinvolgere. Allo stesso tempo però non ignora, ma guarda con luminoso distacco.