Kaliyah is a student of mine. She stares at the table, she would like to say something but she is uncertain, she is afraid that what she wants to say could be judged. She is afraid of losing the trust and respect of the person in front of her. Mine. What is it Kaliyah, what do you want to tell me? I wait patiently, in silence. She looks at me. She hesitates again. Then she begins to speak. The words come out with difficulty, full of embarrassment. Then, they break the banks and pour out copiously, and with them worries, anxieties, frustrations, anger, fears… a whole river of emotions that she can no longer contain. “I can’t take it anymore. I can’t take it anymore. I’ve reached a point of no return” She stops. I wait quietly. “Really, I can’t take it” Her eyes get moist, a little redder and dilated. “I had managed to loosen our relationship. I only heard from her twice a week. And that was already too much. And every time I prayed that I would never have to see her again. That she would die. Because she is old now. It may have been her time… but no, she continues to breathe, continues to live! And I continue to spend my days in the anguish of having to hear from her every night, of having to spend time with her…” She doesn’t tell me, but I understand that she is talking about her mother. “It’s not easy for me to say these things. Everyone is against me when I try to express how I feel. I know that you judge me to be cruel, a degenerate daughter… but if you knew… If you had experienced even a quarter of what I went through with that monster… That I am still forced to live… I did wrong” She stops. Then resumes “… A few years ago she got sick and I took pity on her and got closer to her again… What a mistake I made! When she was sick she was weaker, more docile. I could spend time with her without feeling humiliated, degraded, used as an object for her selfishness. I thought that maybe she could change, that I could finally have a mother. And instead… When she recovered, when she healed, she went back to being the same old bitch as always. And even more aggressive. Destructive.… you know…” And here she sighs, she is about to say something that she is obviously afraid to share. “This summer I recorded her when I wasn’t home… I had to know… I had to know… Hear with my own ears what she says about me… What she really thinks of me… how many bad things I have heard! She said them to the wall, to the television, to the table… To all the objects in the house! She is full of hatred towards me! It was a shock. A very painful awakening to hear those words full of rancor.… but I can’t abandon her… She is alone… Nobody wants her… And of course… You don’t know the pain I carry inside, nobody can imagine! She plays the part of the poor victim, the old woman abandoned by her daughter, and everyone believes her. Because everyone believes mothers and not sons! And no one asks why a daughter needed to distance herself so much from her mother! – I can’t call her mom!- But I can’t take it anymore and I pray every day that something might happen that will weaken her, something that will prevent her from harming me again. Her words are pure poison. She is pure poison. And I can’t live in that poisoned pool anymore! ” She looks at me with moist and red eyes, a little angry but also full of fear. Fear that I would win her. Fear that I would be like all the others who had judged her for these words. And for her distancing herself. Yet I was very far from judging her. She doesn’t know much about me, she doesn’t know my story. I know very well what it means to have an impossible relationship with a mother and to be forced to not be able to abandon her. And I know very well the limited and ignorant judgment of people. A mother must always be honored. Even if she has destroyed your life. Everyone is ready to trample on your feelings as a wounded daughter, you who have no love for such a cowardly, cruel, resentful mother. That of the unloved, wounded, humiliated, raped daughter who has reached the limit of her possibilities is the most difficult condition of all. I know it well. No one will save you. No one will want to or will be able to make the effort to understand you. Only those who have lived and are still living the same experiences as you can feel empathy for you. People broken inside drag around a suffering that cannot be shared with those who have not experienced it. I was there for Kaliyah. I was there full of understanding. And her pain resonated in my stomach and chest. Luckily the Matrimandir exists. Without the Inner Chamber it would have been very difficult for me to continue existing.
Kaliyah e la madre impossibile
Kaliyah è una mia studente. Guarda fissa il tavolo, vorrebbe dire qualcosa ma è incerta, ha paura che ciò che vuole dire possa essere giudicato. Ha paura di perdere la fiducia e la stima della persona che ha di fronte. La mia. Cosa c’è Kaliyah, cosa mi vuoi dire? Aspetto paziente, in silenzio. Mi guarda. Esita ancora. Poi comincia a parlare. Le parole escono a stento, piene d’imbarazzo. Poi, rompono gli argini e si riversano copiose, e con esse preoccupazioni, ansie, frustrazioni, rabbie, paure.. tutto un fiume di emozioni che non riesce più a contenere. “Non ce la faccio più. Non ci riesco più. Sono arrivata a un punto di non ritorno” Si ferma. Io attendo quieta. “Davvero, non ce la faccio” Le si inumidiscono gli occhi, un pò più rossi e dilatati. ” Ero riuscita a allentare il nostro rapporto. Ormai la sentivo solo due volte a settimana. Ed era già troppo. E ogni volta pregavo di non doverla rivedere più. Che morisse. Perché ormai ormai è vecchia. Sarà anche arrivato il momento per lei.. e invece no, continua a respirare continua, continua a vivere! E io continuo a trascorrere i miei giorni nell’angoscia di doverla sentire ogni sera, di doverci passare del tempo…“ Non me lo dice, ma comprendo da me che sta parlando di sua madre. “Non è facile per me dire queste cose. Sono tutti contro di me quando provo ad esprimere come mi sento. So che mi giudicate crudele, una figlia degenera… ma se sapeste… Se aveste vissuto voi anche un quarto di quello che ho vissuto io con quel mostro… Che ancora sono costretta a vivere… Ho sbagliato… Qualche anno fa si era ammalata e io mi sono impietosita e mi sono riavvicinata a lei… Che errore che ho commesso! Da malata era più debole, docile. Ci potevo passare del tempo insieme senza sentirmi umiliata, degradata, usata come un oggetto per il suo egoismo. Ho pensato che forse poteva cambiare, che finalmente avrei potuto avere una mamma. E invece… Quando si è ripresa, quando è guarita, è tornata ad essere la vecchia stronza di sempre. E anche più aggressiva. distruttiva.… sai…” E qui tira un sospiro, sta per dire qualcosa che evidentemente ha timore condividere. “Quest’estate l’ho registrata mentre io non ero in casa… Dovevo sapere… Dovevo conoscere… Sentire con le mie orecchie quello che dice di me… Quello che veramente pensa di me… quante cose cattive ho ascoltato su di me! Le diceva al muro, alla televisione, al tavolo… A tutti gli oggetti della casa! È piena d’odio nei miei confronti! Per me è stato uno shock. Un risveglio dolorosissimo ascoltare quelle parole piene di rancore.… però non posso abbandonarla… È sola… Non la vuole nessuno… E certo… Tu non sai il dolore che mi porto dentro, nessuno lo se lo immagina! Lei fa la parte della povera vittima, l’anziana abbandonata dalla figlia, e tutti le credono. Perché tutti credono alle madri e non ai figli! E nessuno si chiede perché una figlia ha avuto il bisogno di allontanarsi tanto dalla madre! Ma io non ce la faccio più e prego ogni giorno che possa accadere qualcosa che la indebolisca, qualcosa che le impedisca di nuocermi ancora. Le sue parole sono puro veleno. Lei è puro veleno. E io non ce la faccio più a vivere in quella pozza avvelenata!“ Mi guarda con gli occhi inumiditi e arrossati, un po’ arrabbiati ma anche tanto pieni di paura. Paura che io la aggiudicassi. paura che io fossi come tutti gli altri che l’avevano giudicata per queste parole. E per il suo allontanarsi. Eppure io ero molto lontana dal giudicarla. Lei non sa molto di me, non conosce la mia storia. Io so benissimo cosa voglia dire avere una relazione impossibile con la propria madre ed essere costretta a non poterla abbandonare. E conosco molto bene il giudizio limitato ed ignorante della gente. Una madre e dev’essere sempre onorata. Anche se ha distrutto la tua vita. Tutti pronti a calpestare i tuoi sentimenti di figlia ferita, tu che non hai amore per una madre così vigliacca, crudele, rancorosa. Quella della figlia non amata, ferita, umiliata, violentata e che è arrivata al limite delle sue possibilità è la condizione più difficile di tutte. Lo so bene. Nessuno ti salverà. Nessuno vorrà o potrà fare lo sforzo di comprenderti. Solo quelli che hanno vissuto e ancora vivono le tue stesse esperienze posso provare empatia per te. Persone spezzate dentro che si trascinano una sofferenza che non può essere condivisa con chi non l’ha vissuta. Io ero lì per Kaliyah. Ero lì piena di comprensione per lei. E il suo dolore mi risuonava nello stomaco e nel petto. Per fortuna che esiste il Matrimandir. Senza la stanza interiore sarebbe stato molto difficile per me continuare a esistere.